GENETICA CARDIOLOGICA
Le malattie cardiache ereditarie comprendono un ampio ed eterogeneo spettro di malattie cardiache, tra cui le cardiomiopatie e le malattie aritmiche nei cuori strutturalmente normali, cioè le canalopatie. Con una prevalenza combinata stimata del 3% nella popolazione generale, queste condizioni rappresentano un’entità epidemiologica rilevante a livello mondiale e sono una delle principali cause di morbilità cardiaca e di mortalità nei giovani.
Secondo la Società Europea di Cardiologia, le cardiomiopatie si classificano in tre tipi: dilatativa, ipertrofica e artimogenica ventricolare destra, restrittiva e non classificata.
Gli straordinari progressi raggiunti nella genetica molecolare negli ultimi tre decenni hanno svelato le complesse basi molecolari di molte patologie cardiache familiari, aprendo la strada all’uso di routine dei test genici nella pratica clinica. Secondo la classificazione della Società Europea di Cardiologia, le cardiomiopatie sono suddivise in cardiomiopatia dilatativa (DCM), ipertrofica (CMI), aritmogenica ventricolare destra (ARVC), restrittiva e non classificata, sebbene in pratica ci possa essere un’ampia sovrapposizione tra questi fenotipi.
Un’eterogeneità clinica o fenotipica suggerisce che altri fattori, oltre alla mutazione genetica, sono importanti per modificare in fenotipo clinico, esacerbando o proteggendo dalla malattia.
Una caratteristica comune a quasi tutte le malattie cardiovascolari genetiche è l’eterogeneità clinica o fenotipica osservata negli individui colpiti sia all’interno delle famiglie che tra di loro. Nonostante la presenza della stessa mutazione genica, gli individui affetti (ad esempio, i fratelli e le sorelle) possono spesso presentare una marcata variabilità clinica, che va dall’assenza di sintomi all’insufficienza cardiaca grave e alla morte prematura. Questa diffusa eterogeneità clinica suggerisce che altri fattori, oltre alla mutazione genica stessa, sono importanti per modificare il fenotipo clinico, esacerbando o proteggendo dalla malattia.
Questi fattori di modificazione sono poco conosciuti e possono includere una serie di fattori. Questi includono fattori ambientali come l’esercizio fisico e la dieta, le influenze legate all’età e al sesso e fattori genetici secondari. Finora, il ruolo dei fattori genetici secondari si è concentrato in gran parte sulle varianti geniche o sui polimorfismi che non causano direttamente la malattia, ma possono influenzare fattori regolatori come le regioni promotrici di geni che alterano l’espressione genica o influenzano la funzione di enzimi chiave importanti nella normale biologia cardiovascolare. Un esempio è il polimorfismo di inserzione/ eliminazione del gene dell’enzima di conversione dell’angiotensina, che è stato implicato come fattore di modificazione in una serie di aspetti delle malattie cardiovascolari, tra cui l’estensione dell’ipertrofia cardiaca, la progressione verso l’insufficienza cardiaca e la morte improvvisa. Tuttavia, più recentemente, sta emergendo il riconoscimento che una parte dei pazienti è portatrice di 2 mutazioni geniche indipendenti che causano mutazioni geniche (cioè non polimorfismi) che portano a malattie cliniche più gravi. Queste mutazioni possono verificarsi nello stesso gene (mutazione composta) o in 2 geni diversi (doppia mutazione). Questo mette in discussione il paradigma ben accettato nelle malattie autosomiche dominanti monogeniche che 1 mutazione in un singolo gene è la causa diretta della malattia e ha importanti implicazioni sulla valutazione clinica, la diagnosi e la gestione delle famiglie con una malattia cardiovascolare genetica.
Matthew Kelly. Circulation: Cardiovascular Genetics. Multiple Mutations in Genetic Cardiovascular Disease, Volume: 2, Issue: 2, Pages: 182-190, DOI: (10.1161/CIRCGENETICS.108.836478
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